Invent

C’era una volta il server

Esiste una nuova tecnologia che facilita la trasformazione digitale nelle aziende e, nonostante i termini sofisticati, è molto più vicina alla nostra quotidianità di quanto possa sembrare.

May 2018

Una parte di opinione pubblica ha un’immagine a volte un po’ travisata, e spesso sospettosa, del settore digitale: in particolare dei “cervelloni” che all’interno delle aziende del settore inventano, promuovono o scoprono le nuove frontiere dell’informatica. In parallelo, c’è poi un’altra parte della collettività che rappresenta il fan club, i più o meno calorosi sostenitori del digitale. Il punto di incontro tra le due fazioni potrebbe forse trovarsi nella vera conoscenza del prodotto delle aziende digitali, oltre che (soprattutto) nell’incontro con i professionisti che quei prodotti li creano e che in quelle aziende lavorano.

Amazon, per esempio, è attualmente la più grande azienda del settore: nata nel 1995 come uno dei primissimi (in Italia fu assolutamente il primo) siti di vendita in internet, su cui potevi acquistare inizialmente e principalmente libri, poi musica su CD o LP, e anche DVD. Crescendo – come del resto qualunque nuova azienda nella storia crebbe grazie al prodotto innovatore della sua epoca (Henry Ford con l’automobile a fine ‘800, Olivetti con il calcolatore a metà ‘900) – è diventata leader per l’e-commerce. Oggi su Amazon compri letteralmente qualsiasi cosa, per poi vedertela recapitata in una scatola a casa. Amazon ha inoltre allargato la sua gamma di offerte e servizi, poiché ai singoli individui che negli anni hanno continuato sempre più a leggere libri, ascoltare musica e guardare film, si è aggiunto anche chi cercava abbigliamento, auto, case, vacanze o qualsiasi altro bene a prezzi convenienti, scegliendo su scala globale dal proprio schermo. Come per i singoli individui, così per le aziende è emerso il desiderio, o la necessità eventualmente, di cogliere i vantaggi offerti dalla rete, dai software e quindi da chi sapeva crearli.  

GE, già alcuni anni fa, è stata la prima industria al mondo a dotarsi di un cloud industrialePredix: chi ci lavora sa che è questa la piattaforma on line su cui sono ospitate, e si possono anche creare, applicazioni, software o strumenti informatici utili a lavorare nelle fabbriche del gruppo, per i prodotti che  escono da queste fabbriche (come i  motori e la loro gestione digitale da parte del cliente) e per i processi su cui le fabbriche si basano. “Predix è nata per l’Internet of Things (IoT)” spiega Davis Quirico, Principal Digital Technologist di Avio Aero, che è uno dei professionisti impegnati a pieno titolo nella produzione digitale, seppur non per una Digital Industry (come IBM, Microsoft o Amazon), ma per una Digital Industrial Company come GE. “Amazon Web Services (AWS) è sempre stato un partner strategico per GE, pur non essendo nello stesso settore. Nel momento in cui trasformi l’industria, dotandola di risorse e strumenti digitali, è necessario lavorare con i migliori detentori della tecnologia informatica: il nostro business non è realizzare software o applicazioni per telefoni o computer, ma componenti di motori aerei nel nostro caso. Tuttavia queste tecnologie ti permettono di ottenere vantaggi inediti, per chi lavora e per il cliente cui è destinato il prodotto finale”. 

La collaborazione cui fa riferimento Quirico è personificata, ed esemplificata, da Antonio Aga Rossi, Principal Solutions Architect at AWS: la sua professionalità è cresciuta nel campo dell’Information Technology, passando proprio per sedici anni in diversi business GE prima di approdare in Amazon. “Il cloud è diventato la normalità. Aziende di ogni dimensione stanno sviluppando nuove app nel cloud. In particolare, per aziende del calibro di Avio Aero, la vera domanda è diventata non tanto se muoversi… ma quanto velocemente possano muoversi nel cloud” dice confermando una adeguata conoscenza del contesto, non puramente digitale, in cui si muove l’industria tradizionale. “Avio Aero è un ottimo caso di come sia possibile per le aziende sviluppare o riscrivere applicazioni in tempi ristretti, avendo come beneficio una flessibilità e agilità impossibile da ottenere con le tecnologie tradizionali.” Questo aiuta a comprendere il significato del cloud: programmi, o software, e dati non devono necessariamente disporre di un server, armadio o macchina fisica, su cui sono installati e funzionanti. Il cloud è l’ambiente virtuale in cui risiedono e operano.

 

L’applicazione (o app) in questione è stata sviluppata dal team Digital di Avio Aero insieme a quello Finance grazie alla tecnologia Lambda di AWS. “Si tratta di uno strumento on line per la richiesta di emissione di fatture verso i nostri clienti. I principali utilizzatori sono i team che si occupano di Program Management (ovvero i richiedenti) ed il Ciclo Attivo (chi emette la fattura di vendita)” racconta Paolo Virone, IT Finance Manager per il progetto. “Con questo strumento possiamo monitorare il processo, non affidandoci più alle mail (lunghe e dispersive), e creando una collaborazione diretta in tempo reale con tutti gli attori aziendali coinvolti.” Parlando con il team Digital di Avio Aero si comprende che nell’industria tradizionale la trasformazione digitale nasce decisamente dall’interno e interessa in primis il lavoro dei dipendenti. “La trasformazione digitale deve partire dal tuo modo di lavorare, dagli strumenti che usi ogni giorno per essere poi in grado di confluire dentro il prodotto che vendi all’esterno, ai tuoi clienti”, l’app di Avio Aero è la prima sviluppata con la tecnologia serverless che, come spiega il team Digital, ha migliorato l’esperienza utente garantendo performance migliori, in termini di velocità, fruibilità, stabilità e capacità.

Ecco il trait-d'union fondamentale tra l’azienda digitale e quella tradizionale: la prima abilita la trasformazione della seconda tramite soluzioni, tecnologia e invenzioni informatiche. Proprio come la tecnologia Lambda di Amazon Web Services, quella che permette di scrivere, sviluppare, creare, testare queste applicazioni o strumenti senza dover acquistare l’hardware (ovvero il server, la macchina fisica). “La tecnologia serverless permette agli sviluppatori di concentrarsi su quello che vogliono costruire invece di preoccuparsi di gestire l’infrastruttura sottostante; e inoltre garantisce efficienza perché il costo equivale al servizio utilizzato (calcolato in ore e spazio in byte), non alle infrastrutture” spiega Aga Rossi. “Questo approccio sta avendo successo in Italia - anche in settori lontani da quello industriale - come PhotoVogue (di Condé Nast Italia): una piattaforma di fotografia online che consente ai futuri fotografi di mostrare il proprio lavoro. Dando inoltre loro la possibilità di pubblicare le proprie foto su Vogue o di essere selezionate dalle agenzie fotografiche mondiali. Ogni immagine inviata viene attentamente esaminata dalla redazione di Vogue Italia, che garantisce che solo le immagini di qualità più elevata vengano visualizzate. Grazie alla tecnologia serverless, l'esperienza utente è fino al 90% più veloce, sia per i fotografi che caricano le immagini, sia per il team editoriale che le elabora. Per un esempio più vicino alla realtà industriale, invece, il progetto di Pirelli presenta un servizio di ‘pneumatico connesso’ che monitora l’utilizzo dei pneumatici e informa chi guida attraverso una app mobile.”

 

Il punto di vista di chi lavora alla creazione e al funzionamento di un prodotto digitale è prezioso, perché spesso non si considera che dietro tali strumenti - che come individui tante volte utilizziamo nella loro sbalorditiva (a seconda della familiarità dell’utente in certi casi) semplicità e rapidità - c’è un lavoro notevolmente complesso, strutture costosissime e algoritmi decifrabili dai soli “cervelloni” citati all’inizio.

Prendiamo un esempio, tanto attuale quanto curioso… Netflix, il broadcaster americano che sta facendo tremare la tv via cavo, quotidianamente gestisce migliaia di Terabyte (uno equivale a 10 milioni del più comune megabyte) per oltre 50 milioni di clienti in tutto il mondo, a cui offre comodamente sui loro dispositivi personali quasi 7 miliardi di ore di contenuti video. Netflix ha dunque deciso di utilizzare la tecnologia Lambda di AWS per gestire e controllare questo immane flusso di dati e file in continua crescita ed estensione, oltre che soggetto alle esigenze di fruizione dei sui numerosi clienti. Come lo fa?

Evitando una miriade di acronimi e termini tecnici che frustrerebbero la conoscenza di un luminare estraneo all’informatica, possiamo dire che non riempie dei server, magari lasciandoli inutilizzati per lungo tempo. Ma, con efficienza e capacità elevate di memoria e calcolo, riesce a sospenderli e usarli solo qualora diventino necessari o un avvenimento ne richieda l’uso. Come se fluttuassero su una nuvola, sempre a disposizione.